I geopolimeri, che cosa sono e da dove arrivano

I geopolimeri sono un composto di polimeri inorganici dovuto alla reazione chimica, a temperatura ambiente, tra alluminosilicati (sabbie silicee), soluzione alcalina (calce aerea) ed eventuali additivi. Il prefisso “geo” rimanda alla composizione chimica e alla struttura mineralogica del materiale simile a quella delle rocce naturali.

Dopo svariate ricerche tra le piramidi egizie, a fine anni ‘70 l’ingegnere dei materiali ed esperto di archeologia egizia, Joseph Davidovits, presenta i geopolimeri come materiale inerte molto resistente e in grado di resistere ad elevate temperature, ipotizzando che sia proprio il materiale utilizzato per la costruzione delle piramidi. Davidovits avanza la teoria che i blocchi di pietra delle piramidi non siano stati trasportati, ma siano geopolimeri realizzati sul posto, con l’utilizzo di stampi. Non solo le piramidi egizie, ma anche alcuni ponti ed edifici risalenti all’epoca romana, conservati egregiamente tuttora, si ipotizzano in geopolimeri, con additivi diversi a seconda dei luoghi.

I geopolimeri e le loro caratteristiche tecniche

Come già detto, i vari reagenti sono in grado si legarsi tra loro chimicamente a temperatura ambiente, reagendo con l’ambiente esterno, solidificando senza necessità di elevate temperature. I geopolimeri, presentano le caratteristiche tecniche delle rocce naturali, come la resistenza agli agenti chimici, la durabilità, la durezza e la resistenza a calore e agli sbalzi di temperatura. Grazie alla sua struttura porosa, i legami chimici sono stabili fino ad una temperatura di circa 1200°C e sono in grado di isolare dal calore in modo efficace. Sin dalla loro riscoperta, i geopolimeri sono stati teoricamente considerati una valida alternativa al cemento in vari settori; nella pratica invece si è ancora in fase di ricerca, sia per scomparsa delle maestranze in grado di lavorare alcune materie prime, come le calci, sia per l’avvento imperioso del cemento Portland.

Compatibilità ambientale

Anche dal punto di vista ambientale il geopolimero consente un grande risparmio di risorse ed energia, considerando che la reazione tra materiali naturali inerti avviene a temperatura ambiente. Nella mescola si possono, inoltre, integrare altri elementi, come fibre organiche, biomassa, fibra di vetro e metalli pesanti. In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo caso, i metalli pesanti (ed eventualmente anche le scorie radioattive) vengono imprigionati dalla struttura chimica degli alluminosilicati in reazione con gli altri reagenti.  Scorie e metalli pesanti, non smaltibili, vengono così intrappolati e stabilizzati in maniera permanente nella roccia sintetica.

I geopolimeri, dall’antichità all’innovazione

Sin dall’antichità la reazione chimica che solidificando a temperatura ambiente dà vita al geopolimero avviene in stampi partendo da reagenti allo stato solido (polveri silicee) con la soluzione alcalina. Da alcuni anni, tuttavia, è attiva la ricerca a favore dello studio di metodi alternativi che consentano maggiori libertà. Ad esempio il +lab di Milano ha sperimento la possibilità di unire all’impasto altri materiali, come ceramica o bentonite, ottenendo un fluido altamente non-newtoniano, idoneo ad essere stampato con la tecnologia per la stampa 3D LDM (liquid deposit modeling). Il geopolimero, grazie alle sue caratteristiche meccaniche, è un materiale autoportante ideale anche per forme ottenere forme complesse e angoli sporgenti, che non si potrebbero ottenere con altri materiali ceramici.

Investigare tra i materiali del passato in cerca di soluzioni efficienti e sostenibili per il futuro, è una pratica sempre più attuale. Possiamo parlare di innovazione partendo dall’efficace riscoperta di soluzioni antiche?

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